Gli affreschi, di notevole livello pittorico ed iconografico, sono presumibilmente coevi o di poco successivi alla donazione della chiesa camaldolese avvenuta intorno al 1115. Essi riguardano le volte delle due campate, l'arco trionfale, il catino absidale nonché alcuni frammenti di un velario dipinto nella fascia inferiore dell'abside, pur interessando all'origine, l'intera estensione delle superfici interne. (inserire un'altra immagine dell'interno della chiesa)
Iconograficamente si rifanno al libro dell'Apocalisse, con la rappresentazione delle gerarchie celesti celebranti la gloria di Dio secondo una raffigurazione in cerchi concentrici e ritmo quaternario, frequente nelle miniature medioevali, dalle quali riprendono anche lo stile prezioso e calligrafico.
L'Apocalisse, attribuita all'apostolo Giovanni, significa rivelazione, rimozione di un velo che copre gli avvenimenti della storia i quali si svolgono secondo la logica profonda di un progetto proprio di Dio, che a prima vista risulta impenetrabile, da parte degli uomini.
L'Apocalisse, durante il Medioevo e dopo, ha fatto tremare e sperare gli uomini, di volta in volta con differente intensità, e coloro che non sapevano leggere, potevano, alzando il capo, vederne le scene raffigurate negli arazzi, nelle vetrate delle chiese attraversate dalla luce del sole oppure nelle pareti affrescate. (Inserire immagine generale del catino absidale)
Nel catino absidale al centro, il Cristo Pantocrator giganteggia su un trono gemmato con ai lati quattro figure di cui una tiene in mano un cartiglio con la scritta: GLORIAR I/ME OPOR/TET IN/CRUCE/D(OMI)NI MEI/IHC XRI che l'identifica in San Paolo.
Il Cristo, con la veste bianca e il mantello rosso, è seduto su cuscino rosso in un trono di grandi dimensioni, decorato ai lati con motivi geometrici di ovali e triangoli inseriti in un graticciato di colore rosso su ocra.
La figura alla sinistra del Cristo sembra avere un mantello che può alludere ad un ordine monastico (al Santo fondatore dell'Ordine camaldolese, San Romualdo) aperto, scuro all'esterno e chiaro all'interno. Le due figure alla destra del Cristo sono aureolate. Nell'arco trionfale rimangono i lacerti di 12 medaglioni che raffiguravano probabilmente i profeti, tutti portanti un cartiglio, tra le quali si riconosce una coronata da identificarsi in re David.
La campata vicina all'abside è interamente affrescata. Lacerti di affreschi dimostrano che la decorazione originaria interessava tutte le superfici compreso l'interno delle monofore a doppio gradino.
Tre diversi motivi decorativi con elementi geometrici alternati interessano le cornici che delimitano le pareti laterali tra i quali una fascia che si origina dai pennacchi, decorata da una teoria di foglie di vite alternate a grappoli con i toni cromatici del rossi, bruni, azzurri e bianchi.
Al centro della volta, entro il cerchio iridato costituito da fasce di colore dentellate, si dipartono quattro fasce verdi che segnano gli spigoli della crociera, e dentro il medaglione è raffigurato sul piedistallo l'agnello mistico di cui si intravedono tre zampe e una parte del collo con aureola.
All'esterno del medaglione, è rappresentato il cielo degli uomini, con i 24 vegliardi che, sotto un cielo stellato, a passo quasi di danza, offrono il calice all'agnello mistico. "E attorno al trono stavano assisi 24 vegliardi avvolti in candide vesti e sul loro capo corone d'oro e in mezzo al trono e intorno al trono i quattro viventi pieni d'occhi davanti e di dietro, il leone, il toro, l'aquila e l'uomo."
Nei quattro pennacchi sono raffigurati i quattro Evangelisti intenti a ricopiare l'incipit del Vangelo a loro attribuito mostrato loro dai propri simboli teriomorfi: il bue per Luca, l'angelo per Matteo, l'aquila per Giovanni e il leone per Marco. A destra del catino absidale, il brano pittorico meglio conservato rappresenta Luca, raffigurato in sembianze virili con capelli e barba scuri all'interno di un'edicoletta a padiglione coperta da tendaggio bianco, seduto nel suo scriptorium con aperto il volume del Vangelo.
Il santo è raffigurato con veste bianca, mantello bruno-rossastro e piedi calzati in sandali infradito, che poggiano su uno sgabello finemente intarsiato con gemme ovoidali e tessere di mosaico.
Degli altri tre Evangelisti solo la figura di Giovanni con l'aquila è sufficientemente leggibile e rappresenta il santo seduto nel suo scriptorium intento a scrivere l'incipit del proprio Vangelo con l'aquila al suo cospetto che gli mostra il libro aperto nella prima pagina, mentre degli altri evangelisti, raffigurati nella stessa posizione ed entro gli stessi elementi architettonici, si scorge appena la figura canuta di Matteo, e il volteggiante mantello dell'angelo ritratto al suo cospetto, così come appare di difficile lettura l'immagine di Marco con il leone, fortemente abrase e lacunose.
Nella seconda campata, nonostante i brani pittorici siano fortemente compromessi, è raffigurato il cielo degli angeli, con 12 figure alate con scettro e sfera nelle quattro vele della volta, addobbate con preziosissime sopravesti guerriere a formelle quadrate con piccole tessere di pietre preziose a imitazione della tecnica musiva e secondo moduli e stilemi bizantini, mentre il medaglione centrale illeggibile nella raffigurazione interna, è inquadrato dalla stessa cornice a dentelli iridata.
Nei quattro pennacchi della campata otto angeli serafini, le figure più vicine a Dio nella gerarchia celeste, fornite di sei ali e cosparse di occhi, tengono con la mano destra la spada e con la sinistra la sfera entro la quale si leggono, ripetute tre volte, S C, e cioè l'inno: "Santo, Santo, Santo, il Signore Dio onnipotente".
La cornice dell'intradosso dell'arco della volta della controfacciata è decorata con motivi vegetali intrecciati con foglie a viticcio nei colori bruno rossastro, azzurro e bianco, secondo un motivo tipico della miniatura che ha lontana ascendenza irlandese.
L'intero ciclo presenta analogie iconografiche5 e stilistiche con affreschi e mosaici disseminati nel resto d'Italia, a partire dai motivi decorativi delle foglie di vite e dei grappoli presenti negli affreschi di Saccargia, così come il velario dipinto rimasto in alcuni lacerti dell'abside dei San Nicola di Trullas e conservato nel primo registro dell'abside della chiesa della SS. Trinità.
Non si sono trovate delle complete analogie iconografiche con il ciclo dell'Apocalisse raffigurato nelle volte della chiesa campestre di Semestene. Alcuni elementi iconografici si sono potuti ritrovare nelle grandi decorazioni musive del palazzo dei Normanni a Palermo e negli affreschi di Sant'Angelo in Formis, mentre gli elementi fitomorfi e geometrici presenti nelle fasce decorative che delimitano gli spazi affrescati sono ricorrenti in epoca medievale e sono presenti analoghi in affreschi e mosaici conservate in Lombardia, Lazio e Campania realizzate tra l'XI e il XII secolo.